Palazzo Litta in Corso Magenta a Milano

Tra gli edifici che meglio caratterizzano dal punto di vista storico artistico e culturale la città di Milano, spicca il monumentale Palazzo Litta con l’elegante facciata rivolta su Corso Magenta, il sontuoso portale arricchito dagli imponenti telamoni, il solenne scalone d’onore, gli apparati decorativi dell’appartamento nobile, il sistema di cortili interni ed il giardino che si apre verso Foro Bonaparte.

La facciata rococò del palazzo si erge imponente lungo il corso Magenta, frutto del genio architettonico di Bartolomeo Bolli. La facciata centrale sporge in modo distintivo ed è articolata su tre piani, caratterizzata da sei paraste semiribattute di ordine corinzio che suddividono cinque campate. Queste paraste, estendendosi per due piani, evolvono in possenti pilastri decorati con motivi di rettangoli smussati, probabilmente ispirati alla vicina chiesa di San Nicolao.

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Due simmetrici corpi laterali a due piani presentano una sobrietà architettonica maggiore. Il portale centrale è impreziosito da un balcone convesso, sostenuto da mensole monumentali e giganti scolpiti, richiamando il manierismo milanese visibile nel Palazzo degli Omenoni. Al termine del corpo centrale, una fastosa attica mistilinea sormontata da pilastri sostiene trofei. Due imponenti statue di mori in rilievo reggono lo stemma della famiglia Litta. Sulla scultura della facciata esiste l’ipotesi di Poli Vignolo, secondo cui Bolli avrebbe impiegato scalpellini dalla Fabbrica del Duomo di Milano, di cui fece parte. Il fastigio sarebbe dunque attribuibile agli scultori Elia Vincenzo Buzzi, Carlo Domenico Pozzo e Giuseppe Perego, temporaneamente senza impegni tra il 1750 e il 1755.

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Le finestre di ogni piano sono ornate con cimase curve decorate da cartelle, conchiglie e festoni nei timpani. Al primo piano, alcuni balconcini con balaustri appena sporgenti sono sostenuti da fregi a cartoccio, mentre altri si appoggiano su parapetti con specchiature, e quelle dell’ultimo livello dispongono di parapetti in ferro battuto.

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Accedendo al cortile tramite un ampio vestibolo, gli studiosi generalmente attribuiscono la sua progettazione a Francesco Richini, apprezzandone unanimemente l’estetica. Questo cortile quadrato si circonda di porticati su tutti i lati, coperti da volte a botte ribassate e lunettate, sostenute da colonne doriche gemelle in granito, su cui poggia una trabeazione continua. Questo riferimento all’opera di Richini richiama il Palazzo del Senato e il Palazzo del Seminario. Al primo piano, le finestre incastonate in cornici di pietra calcarea sono sovrastate da timpani alternativamente curvi e triangolari; al secondo piano, presentano cimase composite di volute contrapposte. Una cornice massiccia con forte aggetto è supportata da mensole e sottomensole a foglie d’acanto.

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Attraverso un passaggio laterale, si accede al cortile dell’Orologio. Questo cortile è contraddistinto da una vista prospettica leggermente concava su due piani separati da lesene doriche e ioniche; al centro, un quadrante incorniciato da alte cimase conferisce il nome al cortile. Da qui, si passa a un cortile ancora più piccolo, detto dello scalone. Un passaggio sull’altro lato del cortile d’onore conduce attraverso una via privata direttamente al Foro Buonaparte.

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Nel retro, si erge un corpo secentesco e settecentesco, articolato attorno a tre cortili su due piani, senza dominare le fortificazioni adiacenti. Un’incisione di Marc’Antonio Dal Re immortalava la struttura, mostrando l’estensione del giardino circondato da una cinta muraria ristrutturata da Giuseppe Piermarini, il cui cancello rococò originale fu successivamente traslato.

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Dallo scalone, definito scenografico da molti studiosi, progettato da Carlo Giuseppe Merlo con Francesco Maria de Regi, si accede al piano nobile. Questo ambiente, sede di celebri ricevimenti, include sale decorate e caratterizzate da tessuti e dorature preziose. La cappella nel cortile dell’Orologio, originariamente autorizzata per le messe domestiche, venne trasformata in un teatro. Il palazzo ospitava inoltre una rilevante collezione di quadri, tra cui la “Madonna Litta” leonardesca, venduta allo Zar Alessandro II nel 1865, e una biblioteca, contenente la raccolta Bianconi.

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Nel febbraio 2007 la porzione più ampia e preziosa del complesso monumentale di Palazzo Litta – circa 8.500 mq – dichiarato di eccezionale interesse culturale e sottoposto alla legislazione di tutela, è stata data in consegna al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e per esso all’allora Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia, oggi Segretariato Regionale per la Lombardia. Attualmente è chiuso al pubblico (salvo eventi speciali come la settimana della moda) ma i dirigenti dell’ente stanno pianificando l’apertura al pubblico, si pensa entro il 2025. Maggiori informazioni cliccando qui.

 


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