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La vigna di Leonardo a Milano

Beh, diciamo subito che non si tratta solo della vigna che nel 1498 Ludovico il Moro regalò a Leonardo per i suoi servigi e a cui Leonardo stesso fu molto attaccato. Vigna andata perduta e i cui semi furono poi riscoperti da alcuni agronomi e quindi ripiantata e aperta al pubblico per 2015 per l’Expo. No, oltre alla vigna (che da il nome al museo) c’è da scoprire la casa degli Atellani, un gioiellino esternamente poco appariscente posto proprio di fronte a Santa Maria delle Grazie, al Cenacolo dipinto da Leonardo nel suoi periodo milanese. 

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La vigna di Leonardo era molto più grande di quella che possiamo vedere oggi.

La storia della vigna è  molto interessante perché fa scoprire un lato poco conosciuto di Leonardo, che proprio in quella sua vigna trovava riposo e ristoro intellettuale. È lecito immaginare Leonardo, al tramonto di una giornata di lavoro, mentre lascia il cantiere del Cenacolo, attraversa il Borgo delle Grazie e, transitando per la casa degli Atellani, va a controllare lo stato della sua vigna. Per poco però: nell’aprile del 1500 le truppe del re di Francia sconfiggono e imprigionano il Moro e anche Leonardo lascia Milano, non senza aver prima affittato la vigna al padre del suo allievo prediletto Gian Giacomo Caprotti, detto il Salaì (in milanese il diavoletto).

Leonardo non smetterà mai di occuparsi della sua vigna: la riconquisterà quando i Francesi gliela confischeranno e in punto di morte, nel 1519, la citerà nel testamento, lasciandone una parte a un servitore e un’altra parte proprio al Salaì.

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La casa degli Atellani è, seppur modificata nei secoli, il solo edificio di corso Magenta che conservi ancora l’aspetto che presentava durante il Rinascimento. Ma chi erano gli Atellani? Gli Atellani, o della Tela, erano una famiglia di cortigiani e diplomatici, originari della Basilicata, giunti al nord nel corso del Quattrocento, al servizio dei duchi di Milano, di Ludovico il Moro e degli Sforza. È proprio il Moro, nel 1490, a regalare a Giacometto della Tela, capostipite conosciuto della famiglia, due case a corte con giardino situate lungo il borgo delle Grazie, l’attuale corso Magenta. Due case vicine e separate: l’una nel luogo dello scomparso numero civico 67; l’altra, probabilmente già ricostruita nel primo Cinquecento, nel luogo dell’attuale ingresso al numero civico 65.

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La nuova corte realizzata dal Portaluppi

I discendenti di Giacometto le abitano fino al Seicento. Nel 1919 il senatore Ettore Conti ne diventa il nuovo proprietario e affida all’architetto Piero Portaluppi, suo genero, l’incarico di trasformarle nella sua nuova abitazione. Portaluppi abbatte il muro che le separava e s’inventa una casa sola, unendo le due corti preesistenti grazie a un nuovo atrio porticato, sotto il quale prevede l’ingresso all’appartamento padronale.

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La pianta della nuova casa viene riequilibrata intorno a un inedito asse prospettico che si spinge fino al giardino interno. In fondo al primo cortile, l’architetto riporta alla luce tre muri di affreschi probabilmente dipinti nel 1533 in occasione del matrimonio fra Francesco II Sforza e Cristina di Danimarca; altri frammenti d’epoca, come le arcate e lo sporto del primo piano, sono messi in mostra lungo le pareti del secondo cortile. Intorno al portale su corso Magenta, Portaluppi sigla il progetto con le finestre a triangolo polilobato e con il cancello, su cui disegna il motivo dell’orifiamma. Il volume e il fronte su strada attuale vengono ricostruiti dall’architetto nel dopoguerra, per rimediare alle distruzioni causate dai bombardamenti che, nell’agosto del 1943, si abbattono sulla casa. Portaluppi abitava nell’appartamento al pianoterra, proprio in fondo al secondo cortile, dove è tuttora appesa la casetta simbolo del suo studio.

La sala dello Zodiaco

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Decorare gli ambienti con immagini astrologiche era un’usanza già medioevale, comune prima agli edifici religiosi e diffusa, dalla fine del Duecento, anche agli edifici di carattere civile. La sala dello zodiaco di casa degli Atellani risulta già citata in un documento del 1544. La sala prende il nome dai segni dello zodiaco dipinti nelle lunette, mentre sulla volta compaiono i carri dei pianeti e, alle pareti, una carta d’Italia, la Rosa dei venti e alcune figure che rappresentano le stagioni.

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A fronte dei dodici segni zodiacali ora le lunette però sono quattordici: nel 1922 Portaluppi amplia la sala abbattendo l’obliquo muro finestrato che la delimitava; dopodiché decora lo spazio aggiunto con gli astrolabi che tanto amava e disegna due nuove lunette, riconoscibili dal proprio motto faire sans dire e dalle iniziali H e J, che starebbero per Hector e Joanna, i nomi di Ettore Conti e di sua moglie, Giannina Casati.

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La sala dello zodiaco è il capolavoro dell’arte mimetica di Portaluppi, della sua capacità di mescolare vero antico e falso storico. In buona sostanza, la parete a occidente è molto manipolata, ma le pareti a oriente, restaurate dall’architetto e da Conti nel 1922, sono autentiche.

Lo studiolo

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Questo è Lo studio di Ettore Conti. Sopra il camino è esposto lo stemmone di alleanza concepito per il matrimonio di Cristina di Danimarca e Francesco II Sforza, probabilmente ordinato dagli Atellani per rimediare all’assenza di Cristina dal novero dei quattordici ritratti sforzeschi. La biblioteca e le pareti dello studio, con tanto di cariatidi, sono rivestite di boiserie seicentesca di scuola valtellinese.  Ettore Conti abiterà qui sino alla sua morte, nel 1972, all’età di 101 anni. È sepolto assieme alla moglie nella quarta cappella a sinistra di Santa Maria delle Grazie, la basilica di cui per due volte, prima e dopo la guerra, ha finanziato i restauri. In un’altra cappella delle Grazie, la sesta sulla destra, riposano gli Atellani.

La sala dei ritratti

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Gli Atellani erano una famiglia devotissima agli Sforza, dinastia cui restarono fedeli sempre e per la quale, nel corso delle guerre d’Italia del primo Cinquecento, svolsero diversi incarichi diplomatici. Il segno di questa devozione è senz’altro la Sala dei ritratti, la sala al pianterreno della casa dove sono dipinti, sotto una volta a lunette completamente affrescata con arabeschi e motivi vegetali, quattordici tondi con le fattezze di altrettanti uomini e donne della dinastia sforzesca.

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Per identificarli, è necessario decifrare l’iscrizione che accompagna ogni ritratto. Nei quattordici manca Cristina di Danimarca, la giovanissima moglie di Francesco II: un’assenza che ragionevolmente colloca la realizzazione dei ritratti a dopo il 1522, anno della seconda restaurazione sforzesca, ma non oltre il 1533, anno del loro matrimonio.

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Nel 1902, onde impedirne la più volte minacciata vendita all’estero, i ritratti sono stati acquistati dal Comune e trasferiti al museo del Castello Sforzesco, dove giacciono tuttora esposti. Gli affreschi presenti in sala oggi sono delle copie realizzate negli anni venti, all’epoca del progetto di Portaluppi.

Il giardino delle delizie

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La casa degli Atellani vive la sua età dell’oro nel periodo che va dal 1490, l’anno in cui Ludovico il Moro regala la proprietà a Giacometto, al 1535, l’anno in cui, dopo tante vicissitudini, Francesco II Sforza muore e il Ducato di Milano passa definitivamente ai francesi.

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È in questi anni che Matteo Bandello, frate domenicano di stanza alla Basilica delle Grazie, cortigiano e letterato, nonché caro amico dei figli di Giacometto, scrive novelle che hanno gli Atellani come spettatori; molte vengono raccontate e ambientate sullo sfondo della loro casa e del loro giardino, luogo di cene e feste, centro privilegiato della vita mondana milanese. Dopo anni di degrado il giardino viene riprogettato dal Portaluppi secondo nuove regole di simmetria, intorno a un viale prospettico composto da cipressi, ornato di anfore e statue in pietra, completato da parterres e fontane. 

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La visita

È possibile accedere alla Casa degli Atellani e alla Vigna di Leonardo attraverso dei tour a numero chiuso, della durata di 30 minuti. Si tratta di un percorso in 7 tappe con l’ausilio di un’audioguida in 5 lingue (Italiano, Inglese, Tedesco, Francese, Spagnolo) e di pannelli descrittivi situati lungo il percorso. Il museo è sempre aperto, con orario continuato dalle 9:00 alle 18:00. 


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