Sant’Eustorgio

Sant’Eustorgio, pur ritoccata da restauri ottocenteschi neoromanici, rappresenta in maniera affascinante lo speciale stile romanico lombardo. Al suo interno conserva siti e opere di particolare rilievo, come resti di un cimitero paleocristiano, affreschi, monumenti sepolcrali e la famosa Cappella Portinari.  Ma la basilica di Sant’Eustorgio è famosa soprattutto perché è la chiesa milanese dei Re Magi.

La basilica fu fondata probabilmente nel secolo IV. Secondo la tradizione, il carro con cui Sant’Eustorgio trasportava le reliquie dei Magi da Costantinopoli si fermò inspiegabilmente: le ruote erano diventate pesanti come macigni e né buoi né cavalli riuscivano più a muoverle. Così Eustorgio dovette rinunciare all’idea di portare i resti dei Magi nella basilica di Santa Tecla e fece edificare una nuova basilica, fuori le mura cittadine, per ivi deporli.

Dal XIII secolo la basilica divenne la sede principale dell’Ordine domenicano a Milano. Nel 1219 Domenico di Guzman vi aveva inviato i primi due confratelli e l’anno successivo i frati si trasferirono nell’ospedale dei pellegrini presso la basilica, che gli fu definitivamente assegnata dal Papa l’11 aprile 1227. Tra i secoli XV e XVI fu priore della basilica Teodoro da Sovico, noto per il suo confessionario.

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La facciata originale della basilica, risalente al secolo XII, è frutto di un restauro in stile neoromanico, compiuto dall’ingegnere Giovanni Brocca tra il maggio 1864 e l’agosto 1865. Presenta da allora la tipica forma a capanna, con archetti sporgenti al di sotto del cornicione superiore, tre portali sormontati ciascuno da una lunetta musiva, una bifora sopra il portone centrale e due monofore sopra quelli laterali. All’angolo sinistro, adiacente alla facciata del convento domenicano, vi è il pulpito dal quale predicava l’inquisitore Pietro Martire.

L’interno della basilica è suddiviso in tre navate sormontate da volte a crociera. Sono presenti sette coppie di pilastri a fascio, cinque dei quali composti in modo eterogeneo con coppie alternate di semi colonne e paraste. Di seguito vengono indicati i siti e le opere d’interesse storico artistico facenti parte del complesso della basilica.

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L’interno della chiesa

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L’altare maggiore con il polittico della Passione

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I Re Magi a Milano

Secondo la leggenda, nel IV secolo l’imperatore di Costantinopoli avrebbe donato a Eustorgio, vescovo di Milano i corpi dei tre Magi.

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Le sacre spoglie sarebbero state trasportare in un grande sarcofago marmoreo trainato da due buoi che giunti alle porte di Milano, sarebbero crollati esausti, In questo lungo Eustorgio avrebbe quindi deciso di fondare una basilica.  Durante it saccheggio di Milano da parte di Federico Barbarossa, nel 1164, i fedeli, per para che le sacre reliquie venissero profanate, le nascosero nella vicina chiesa di San Giorgio in Palazzo, euro le mura cittadine.

Ma l’arcivescovo Reinald von Daniel, cancelliere imperiale del Barbarossa, scoprì l’Inganno, Si impossessò dei corpi dei Magi e Ii face trasportare a Colonia, dove tuttora si trovano, custodite in un prezioso reliquiario realizzato dall’orafo Nicola di Verdun.

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In Sant’Eustorgio rimase invece il grande sarcofago sul cui coperchio sono scolpite una stella e la scritta settecentesca “Sepulcrum trium Magorum”. Nei secoli successivi i milanesi tentarono invano di ottenere la restituzione delle reliquie. Solo net 1903, grazie all’intervento del cardinal Ferrari, alcuni frammenti dei sacri resti tornarono nella basilica di Sant’Eustorgio.

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Il trittico marmoreo del XIV secolo
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Il particolare con i Re Magi che, dopo essere stati avvisati da un angelo, tornano verso casa senza passare da Erode.

Sull’altare dei Magi Si trova un trittico marmoreo del XIV secolo, di ambito campionese, che raffigura il viaggio dei re: a sinistra il Corteo dei Magi, al centro l’Adorazione a destra I’Incontro con Erode.

La cappella Portinari

Occorre pagare un biglietto per l’entrata ma ne vale la pena. La Cappella Portinari con gli affreschi e l’Arca di San Pietro vele il prezzo del biletto.

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Negli spicchi della cupola sono dipinte scaglie policrome, allusive all’irradiarsi della luce divina. Nelle unghie sono rappresentati busti di Apostoli. Nei pennacchi sono inseriti quattro tondi con i Dottori della Chiesa (Gregorio Magno, Gerolamo, Ambrogio e Agostino) che rimandano alla conoscenza di Dio raggiungibile attraverso lo studio. Al di sotto di essi, sorretti da angeli, si trovano scudi a testa di cavallo che recavano lo stemma dei Portinari. Sull’arcone di fronte all’ingresso è dipinta l’Annunciazione: l’arcangelo Gabriele e la Vergine sono posti entro ante architetture, al centro, vi è Dio Padre.

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Sull’arcone in controfacciata l’Assunzione della Vergine: Maria sale al cielo sorretta da schiere angeliche, alle estremità dell’arcone, due gruppi di apostoli assistono all’evento. La presenza di episodi mariani si può ricondurre al culto della Vergine promosso da Pietro da Verona, soggetto degli affreschi delle pareti laterali che celebrano il frate in qualità di predicatore, esorcista, taumaturgo e martire.

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Nella parete sud, a sinistra della bifora, Il miracolo della nube che, invocata da Pietro Martire, venne a rinfrescare, durante una giornata estiva, la folla giunta per ascoltare la predica del santo, raffigurato sul pulpito. Nella stessa parete, a destra della finestra, il Miracolo della falsa Madonna. La finta Vergine, con la corona sul capo, è posta al di sopra di un altare di fronte al quale il domenicano espone l’ostia consacrata per smascherare l’idolo cataro e scacciare il mago eretico,
dipinto sulla destra. In questo episodio è stato individuato, nella figura di profilo, posta alle spalle del santo, il ritratto di Pigello Portinari, presente anche nel Miracolo della nube.

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Nella parete nord, a sinistra della bifora, il Miracolo del piede risanato: il religioso ricongiunge il piede che il giovane, seduto sulla seggiola, si era amputato per punirsi dopo aver sferrato un calcio alla propria madre. Accostato a esso, alla destra della finestra, il Matirio di S. Pietro Martire, raffigurato accasciato a terra, intento a scrivere con il sangue la parola “credo” sul terreno, mentre il carnefice vibra il colpo finale. Sulla sinistra, frate Domenico cerca di sfuggire al pugnale dell’assassino; il paesaggio allude al bosco di Barlassina.

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Nella parete di fondo della scarsella si trova una tavola (sec XV) che la critica ha variamente attribuito a Giovanni da Vaprio o a un maestro dell’ambito di Benedetto Bembo, in cui è rappresentato, inginocchiato di profilo, Pigello Portinari e, di fronte a lui, S. Pietro Martire. L’opera ricorda l’episodio, leggendario, in cui il santo domenicano apparve al banchiere fiorentino, comandandogli di edificare la cappella.

L’Arca di San Pietro

Nel 1252 San Pietro Martire fu sepolto nel cimitero nei pressi della basilica; l’anno successivo, in occasione della canonizzazione, ebbe luogo la ricognizione delle spoglie del santo: il capo fu distaccato e conservato a parte, presumibilmente in un corpo di fabbrica attiguo all’attuale vestibolo della cappella Portinari. Il corpo fu deposto in un modesto sarcofago, collocato nella quinta cappella della navata sinistra.

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Intorno al 1336, i domenicani, grazie al contributo elargito da Azzone Visconti, dallo zio vescovo e da altri principi e prelati, commissionarono un nuovo monumento. L’opera venne affidata allo scultore Giovanni di Balduccio, formatosi nell’ ambiente di Giovanni Pisano e Tino di Camaino, e ultimata in tre anni di lavoro.  Nel 1736 il monumento fu trasferito nel coro della cappella Portinari. Nell’ ottavo decennio dell’Ottocento venne spostato presso il centro della cappella, ove attualmente si vede.

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L’arca è in marmo di Carrara, sorretta da otto pilastrini in marmo rosso di Verona, a essi sono addossate otto statue rappresentanti Virtù ai cui piedi sono collocati animali simbolici. Sulla fronte Giustizia, Temperanza, Fortezza e Prudenza. Sul retro: Obbedienza, Speranza, Fede, Carità.

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Sul sarcofago sono scolpiti otto rilievi con storie di S. Pietro Martire. Le scene sono intervallate da otto statuine: i Dottori della Chiesa in corrispondenza degli spigoli, sulla fronte, S. Pietro e S. Paolo, sul retro S. Eustorgio e S. Tommaso d’ Aquino. A1 di sopra di esse, all’altezza della base del coperchio a tronco di piramide, si elevano otto sculture simboleggianti i cori angelici.

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Sugli spioventi dello stesso sono scolpite varie figure: al centro, sulla fronte, i SS. Giovanni e Paolo, ai lati, il re e la regina di Cipro, Matteo, cardinale dei domenicani, con un religioso e, sul retro, i SS. Caterina d’Alessandria, Nicolò e due vescovi con i loro compagni.

Al di sopra del coperchio è posto un tenimento, a forma di tabernacolo cuspidato, entro il quale sono poste le statue a tutto tondo di Maria assisa, S. Domenico e S. Pietro Martire, sulla cimasa il Salvatore con due serafini.


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